Giovani ed educazione finanziaria: a che punto siamo?
Come sono messe le nuove generazioni a livello di educazione finanziaria?
A dispetto di quello che molti potrebbero pensare, i giovani italiani vorrebbero mettere da parte qualcosa e, magari, investire, ma non hanno le disponibilità finanziarie per farlo e spesso non riescono neppure a far fronte a tutte le esigenze quotidiane.
Disoccupazione giovanile e precarietà
L’Italia è infatti al terzo posto in Europa per disoccupazione giovanile, con un tasso di circa il 18%.
Gli ultimi dati Istat, rilasciati il 2 dicembre, rivelano che ad ottobre c’è stata una crescita dell’occupazione (+0,2%), ma ha coinvolto soprattutto uomini, dipendenti permanenti, autonomi e over 50. L’occupazione è stata invece “stabile” tra 15-24enni e tra le donne, ed è diminuita tra i 25-49enni e i dipendenti a termine. Un altro dato rilevante è l’aumento del tasso di inattività tra gli under 35 e le donne, con un incremento al 33,6% delle persone che non lavorano e non lo cercano.
Nel nostro Paese, l’occupazione giovanile non è solo nettamente più bassa del resto d’Europa, ma è anche più precaria. Il contratto a tempo indeterminato, che un tempo rappresentava la normalità per i giovani al momento del loro ingresso nel mondo del lavoro, oggi è un privilegio riservato a pochi: il 33,4% dei lavoratori tra i 15 e i 34 anni sono infatti assunti con contratti a termine.
L'impatto dell'inflazione
Un altro elemento che erode le finanze dei giovani italiani è l’inflazione. A partire dal 2021, l’aumento generalizzato dei prezzi ha causato un crollo del 6,4% del potere d’acquisto dei giovani in Italia.
Negli ultimi anni è stato proprio l’aumento dei prezzi il primo fattore a ostacolare il risparmio individuale, seguito da emergenze finanziarie impreviste (34,1%), l’assenza di disponibilità economiche (31,4%), il mancato controllo delle spese (21,3%) e, infine, gli acquisti d’impulso (16,3%).
Il quadro finale che emerge dal sondaggio è sconfortante: nonostante la stragrande maggioranza dei giovani consideri il risparmio fondamentale, in molti fanno fatica a mettere da parte qualcosa con costanza. E ad avere più difficoltà sono la Generazione Z (i ragazzi nati tra la metà degli anni Novanta e il 2010) e le donne, le più penalizzate dal divario retributivo di genere e dalla discontinuità lavorativa.
Cosa fare?
Fare informazione e coinvolgere le nuove generazioni verso una maggior cultura finanziaria è certamente importante, ma se poi non si riesce a mettere in pratica la teoria e fare educazione anche sul campo reale del mercato e della pianificazione effettiva, diventa un’opportunità mancata.
Perché possiamo convincere i giovani circa l’importanza di attivare un fondo pensione, o un piano di accumulo in ottica pensione, ma se mancano le risorse da allocare, siamo punto a capo.
Possiamo far passare il messaggio dell’importanza dell’interesse composto, per cui investire già in giovane età può portare a risultati incredibili, ma se manca il risparmio da destinare alla pianificazione, restiamo al punto di partenza.
L’educazione finanziaria non può fermarsi alla divulgazione, la pratica diventa fondamentale per comprendere esattamente cosa significhi investire: le emozioni che si provano durante le oscillazioni di mercato e la percezione di avere i soldi reali investiti restituiscono una sensazione che la teoria non può trasmettere, ed è la lezione più importante.
Possiamo insegnare ai giovani a gestire al meglio le loro risorse, secondo i loro obiettivi di vita.
Però prima dobbiamo fare in modo che le abbiano queste risorse.