Risparmiare o investire: che differenza c’è?
Spesso le parole “risparmiatore” e “investitore ” vengono usate come sinonimi, come se fossero interscambiabili.
In realtà risparmio e investimento sono due concetti completamente diversi. In questo articolo vogliamo far emergere le loro caratteristiche e le loro differenze per far acquisire una maggiore consapevolezza di sé e del proprio rapporto con i soldi.
Differenza temporale
C’è una prima differenza sostanziale che potremmo definire di tipo temporale.
Il risparmio è quella parte del nostro reddito che abbiamo percepito in un determinato periodo di tempo e che non viene utilizzata. Questa parte viene accantonata per essere spesa in un secondo momento per far fronte ad esigenze del breve periodo. Risparmiare vuol dire ad esempio mettere da parte una certa quantità di soldi al mese per poter passare un weekend in montagna.
L’investimento ha invece un orizzonte temporale molto diverso, perché investire vuol dire veicolare la nostra ricchezza in progetti di lungo periodo.
Differenza funzionale
La seconda differenza sostanziale è una differenza di funzione: il risparmio non ha la funzione di generare valore, i soldi risparmiati restano fermi (magari sul conto corrente) per essere usati in caso di necessità.
Gli investimenti hanno invece la funzione di accrescere il valore della nostra ricchezza e di proteggerla.
Differenza di rischio
Un ulteriore elemento distintivo è che il risparmio non presenta profili di rischio (se non consideriamo la svalutazione dovuta all’inflazione), mentre negli investimenti c’è assunzione di rischio, che sarà più o meno alto a seconda degli obiettivi che ci prefiggiamo, delle nostre caratteristiche personali e della nostra propensione al rischio. Ricordiamoci sempre comunque che il rischio è una componente essenziale per l’investitore: rischio e rendimento sono due facce della stessa medaglia in finanza.
Siamo bravi risparmiatori e investitori?
Quindi parliamo di due mondi diversi, con caratteristiche, finalità e funzioni diverse. Eppure nella percezione quotidiana le cose non sono così chiare né al risparmiatore né all’investitore, c’è ancora molta confusione.
Gli Italiani tendono infatti a risparmiare molto più di quello che investono, e per questo abbiamo il primato di liquidità parcheggiata sui conti correnti. Da una parte dietro questa tendenza c’è un sentimento di preoccupazione che fa temere per il futuro e induce le persone a non voler assumere rischi; dall’altra però c’è anche la convinzione che risparmiare tanto faccia di noi dei bravi investitori.
Non è così: il risparmio serve per necessità di breve periodo, è denaro che deve essere lì pronto da usare in qualunque momento (ad esempio se ci si rompe la lavastoviglie, se dobbiamo fare una visita specialistica, se l’auto ci lascia a piedi…). Gli investimenti invece non vengono effettuati per le emergenze, ma per progettare la creazione di valore nel tempo e per proteggere la nostra ricchezza.
Questa è la corretta definizione dei due ruoli. Nella pratica, le finalità di risparmio e investimento vengono spesso fraintese. Accumulare grandi quantità di risparmio sul conto corrente per creare una protezione in vista della vecchiaia è un comportamento che dal punto di vista dell’educazione finanziaria è scorretto.
È il risparmio che è al servizio degli investimenti, non il contrario. Il risparmio serve per evitare di smobilizzare progetti e investimenti di lungo periodo, perché sono questi ultimi che sono al nostro servizio e che devono lavorare al nostro fianco.
A ognuno il proprio equilibrio
Esiste una formula che ci dica quanto risparmiare e quanto investire? Ovviamente no, ognuno deve creare il proprio equilibrio tra risparmio e investimento, seguendo però una regola generale: troppo risparmio non è mai una buona idea perché nel lungo periodo subisce l’erosione dell’inflazione. Così come non è mai una buona idea investire tutto quello che si ha: è sempre meglio avere una parte di ricchezza libera, liquida e pronta per ogni evenienza; in questo modo possiamo destinare il resto della nostra ricchezza agli investimenti, per raggiungere così i nostri obiettivi futuri (o anche soltanto per proteggerla dall’erosione dell’inflazione).
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